Korpela risorge nella valle del Torne

Foto: SATU

All’interno di una vecchia scuola del Tornedalen, Markus Öhrn vuole riscoprire un capitolo della storia locale a tutt’oggi velato da una patina di vergogna. Silvia Colombo ha visitato l’Institutet di Vitsaniemi, dove ha parlato con lui del prossimo progetto Korpela land (La terra di Korpela)

Premessa. Prima di entrare nel vivo di qualsivoglia argomentazione, è necessario fornire ai lettori un contesto geografico di riferimento. Per non perdersi nelle terre del Grande Nord.
Vivo e scrivo da Luleå, il capoluogo regionale del Norrbotten, nel nord della Svezia, a ridosso del Circolo Polare Artico. A Luleå, dove il freddo è quasi più leggenda che realtà, la neve cade copiosa e le distanze sono considerevoli.
Oggi, ad esempio, ci spostiamo circa 150 Km a nord-est, oltre il Circolo Polare e nei pressi del confine che separa la Svezia dalla Finlandia, dove scorre il fiume Torne, che dà il nome alla valle circostante (Tornedalen). Prendiamo l’auto e andiamo verso una piccola località nel comune di Övertorneå che risponde al nome – o, meglio, ai nomi – di Risudden, in svedese, Vitsaniemi, in finlandese, e Vittaniemi, in meänkieli*. Giusto per dare una misura del plurilinguismo e multiculturalità dell’area.

A Risudden, in alcune stanze dell’edificio rosso che un tempo ospitava la scuola di quartiere (e che a tutt’oggi vanta un incredibile panorama), ha sede Institutet, “una compagnia svedese dedita al teatro e alle arti performative fondata a Malmö nel 2008 e attiva a Vitsaniemi a partire dal 2018”. La scelta ricade sul Tornedalen in modo non del tutto casuale, considerando che Markus Öhrn, attuale direttore creativo, proviene proprio da qui. Ma non è solo questo che lo ha spinto ad affrontare un lungo ‘viaggio di rientro’, dal sud al nord della Svezia. Risudden, con la sua natura e il suo silenzio, “è un posto che permette a me, a tutta la compagnia e agli artisti che ospitiamo di concentrarci e di pensare alla produzione dei nostri spettacoli in tutta tranquillità” – mi dice Markus durante il nostro incontro.
Si tratta dunque di un ‘ritorno alle origini’ di tipo geografico e sentimentale, ma anche lavorativo: è un riavvicinamento alla vita silenziosa, tranquilla e concentrata, e insieme un tentativo di riattivare un territorio in progressivo spopolamento. Cosa che Institutet fa attraverso un programma di spettacoli, produzioni e happening itineranti che ha il sapore di tradizioni lontane, del Medioevo europeo. Quando il teatro era nomade e, viaggiando da un luogo all’altro, si faceva portavoce del popolo e delle sue narrazioni, coinvolgendo il pubblico attraverso il racconto di storie perdute, dimenticate, o rimosse.

È proprio questo il filo rosso che lega alcuni dei progetti portati avanti da Institutet tra il 2019 e oggi: la raccolta e la divulgazione di voci e usanze del Tornedalen che, a loro volta, si fondono e sovrappongono a quelle provenienti da un ‘altrove’ più o meno prossimo. Il racconto, meglio se affogato nell’oblio del tempo o avvolto da una forma di mistero, viene riportato alla luce e riattualizzato in chiave artistica. Esso, così, non restituisce solo la memoria al riguardante, ma mette in luce anche le ‘ossessioni ricorrenti’ di chi si trova dietro le quinte. Ad esempio, oltre all’interesse per la musica metal, emerge anche una certa attenzione per ciò che viene solitamente considerato scabroso e immorale. Ed è proprio questo il gioco-forza di Institutet: trasformare il punto di vista soggettivo in un racconto che si apre alla collettività e confrontarsi e coinvolgere micro-realtà attraverso le arti. Presentare paradossi per ristabilire un nuovo ordine.


Foto: Federico Paganelli

In cantiere c’è un lavoro che vedrà la luce nel luglio 2021. Già a partire dal titolo, Korpela Land, si intuisce la fragile potenza di un progetto complesso, nato dalla collaborazione tra Institutet, l’associazione Konstfrämjandet, nella persona di Maria Ragnestam, e l’Università di Lund.
Definire che cosa sia stato Korpela e che cosa abbia rappresentato per alcune aree del Norrbotten è già di per sé complesso**. Korpela è una setta religiosa ricca di contraddizioni e di ambiguità che non sono ancora state del tutto chiarite. Korpelarörelsen, letteralmente “il movimento di Korpela”, deve il suo nome al predicatore finlandese Toivo Korpela, sebbene la sua figura non sia direttamente coinvolta nelle vicende accadute tra Kiruna, Karesuando e Pajala nel corso degli anni Trenta. Korpelarörelsen è un culto che mette radici in un contesto fertile, frust(r)ato da povertà, disoccupazione e spopolamento. Un’organizzazione gerarchica che segue i dettami di due profeti e di una profetessa, la quale preannuncerà la discesa di un’arca d’argento divina in grado di salvare gli eletti. È un gruppo di seguaci dedito a cerimonie che si collocano tra mito, realtà e isteria. Riti orgiastici, canti pregni di imprecazioni, coinvolgimento di minori e abuso di alcol sono alcuni degli episodi che vengono riportati sui giornali dell’epoca e descritti con toni più o meno esasperati. La verità è che forse Korpelarörelsen voleva essere un urlo alla libertà – come reazione al conservatorismo del Laestadianesimo –, uno schiaffo al puritanesimo che ha lasciato una traccia di indelebile vergogna su coloro che ne hanno preso parte.

A partire da tali premesse, Korpela Land vuole riavvicinarsi a un argomento che, ancora oggi, costituisce un silenzioso tabù per molti abitanti del Norrbotten. Come spiega Markus, “cercheremo di presentare Korpela non solo nei suoi aspetti più sensazionalistici, ma anche in quelli storico-religiosi”. Ad esempio, è importante considerare che per la prima volta una donna si avvicinava alla sfera sessuale senza scopi riproduttivi.
La contemporaneità viene filtrata attraverso la lente dell’arte contemporanea, grazie al coinvolgimento di un nutrito gruppo di artisti che approccerà il movimento, raccontandolo in modi diversi. “Vogliamo costruire un grande parco tematico dedicato a Korpela, sulla falsariga del ‘mondo di Astrid Lindgren’” – chiaramente, con tutt’altra intonazione e differenti propositi. Ci saranno un museo temporaneo con pop-up shop e gadget a tema, una band metal in tourné per il Norrbotten, e verrà messo in piedi un gruppo studio dal taglio più storico ed esclusivo.
L’idea, insomma, è quella di mettere in piedi una casa temporanea per ospitare una versione moderna di Korpelarörelsen, inserendolo in una sorta festival performativo e apparentemente senza regole che ha il sapore di Dadaismo e Nouveau Réalisme. Un luogo tra realtà e finzione che sa di arte, storia, verità e leggenda.
Con Istitutet, la cultura si mette al servizio della società e dell’interesse pubblico per rianimarne la vita comunitaria, anche in tempi difficili come quelli che stiamo vivendo.

Silvia Colombo • 2020-12-08
Silvia Colombo är konsthistoriker, museolog och skribent bosatt i Luleå. Har ett särskilt intresse för tvärvetenskapliga forskning om konst, politik, musei- samt minnesstudier.


Korpela risorge nella valle del Torne

Foto: SATU

All’interno di una vecchia scuola del Tornedalen, Markus Öhrn vuole riscoprire un capitolo della storia locale a tutt’oggi velato da una patina di vergogna. Silvia Colombo ha visitato l’Institutet di Vitsaniemi, dove ha parlato con lui del prossimo progetto Korpela land (La terra di Korpela)

Premessa. Prima di entrare nel vivo di qualsivoglia argomentazione, è necessario fornire ai lettori un contesto geografico di riferimento. Per non perdersi nelle terre del Grande Nord.
Vivo e scrivo da Luleå, il capoluogo regionale del Norrbotten, nel nord della Svezia, a ridosso del Circolo Polare Artico. A Luleå, dove il freddo è quasi più leggenda che realtà, la neve cade copiosa e le distanze sono considerevoli.
Oggi, ad esempio, ci spostiamo circa 150 Km a nord-est, oltre il Circolo Polare e nei pressi del confine che separa la Svezia dalla Finlandia, dove scorre il fiume Torne, che dà il nome alla valle circostante (Tornedalen). Prendiamo l’auto e andiamo verso una piccola località nel comune di Övertorneå che risponde al nome – o, meglio, ai nomi – di Risudden, in svedese, Vitsaniemi, in finlandese, e Vittaniemi, in meänkieli*. Giusto per dare una misura del plurilinguismo e multiculturalità dell’area.

A Risudden, in alcune stanze dell’edificio rosso che un tempo ospitava la scuola di quartiere (e che a tutt’oggi vanta un incredibile panorama), ha sede Institutet, “una compagnia svedese dedita al teatro e alle arti performative fondata a Malmö nel 2008 e attiva a Vitsaniemi a partire dal 2018”. La scelta ricade sul Tornedalen in modo non del tutto casuale, considerando che Markus Öhrn, attuale direttore creativo, proviene proprio da qui. Ma non è solo questo che lo ha spinto ad affrontare un lungo ‘viaggio di rientro’, dal sud al nord della Svezia. Risudden, con la sua natura e il suo silenzio, “è un posto che permette a me, a tutta la compagnia e agli artisti che ospitiamo di concentrarci e di pensare alla produzione dei nostri spettacoli in tutta tranquillità” – mi dice Markus durante il nostro incontro.
Si tratta dunque di un ‘ritorno alle origini’ di tipo geografico e sentimentale, ma anche lavorativo: è un riavvicinamento alla vita silenziosa, tranquilla e concentrata, e insieme un tentativo di riattivare un territorio in progressivo spopolamento. Cosa che Institutet fa attraverso un programma di spettacoli, produzioni e happening itineranti che ha il sapore di tradizioni lontane, del Medioevo europeo. Quando il teatro era nomade e, viaggiando da un luogo all’altro, si faceva portavoce del popolo e delle sue narrazioni, coinvolgendo il pubblico attraverso il racconto di storie perdute, dimenticate, o rimosse.

È proprio questo il filo rosso che lega alcuni dei progetti portati avanti da Institutet tra il 2019 e oggi: la raccolta e la divulgazione di voci e usanze del Tornedalen che, a loro volta, si fondono e sovrappongono a quelle provenienti da un ‘altrove’ più o meno prossimo. Il racconto, meglio se affogato nell’oblio del tempo o avvolto da una forma di mistero, viene riportato alla luce e riattualizzato in chiave artistica. Esso, così, non restituisce solo la memoria al riguardante, ma mette in luce anche le ‘ossessioni ricorrenti’ di chi si trova dietro le quinte. Ad esempio, oltre all’interesse per la musica metal, emerge anche una certa attenzione per ciò che viene solitamente considerato scabroso e immorale. Ed è proprio questo il gioco-forza di Institutet: trasformare il punto di vista soggettivo in un racconto che si apre alla collettività e confrontarsi e coinvolgere micro-realtà attraverso le arti. Presentare paradossi per ristabilire un nuovo ordine.


Foto: Federico Paganelli

In cantiere c’è un lavoro che vedrà la luce nel luglio 2021. Già a partire dal titolo, Korpela Land, si intuisce la fragile potenza di un progetto complesso, nato dalla collaborazione tra Institutet, l’associazione Konstfrämjandet, nella persona di Maria Ragnestam, e l’Università di Lund.
Definire che cosa sia stato Korpela e che cosa abbia rappresentato per alcune aree del Norrbotten è già di per sé complesso**. Korpela è una setta religiosa ricca di contraddizioni e di ambiguità che non sono ancora state del tutto chiarite. Korpelarörelsen, letteralmente “il movimento di Korpela”, deve il suo nome al predicatore finlandese Toivo Korpela, sebbene la sua figura non sia direttamente coinvolta nelle vicende accadute tra Kiruna, Karesuando e Pajala nel corso degli anni Trenta. Korpelarörelsen è un culto che mette radici in un contesto fertile, frust(r)ato da povertà, disoccupazione e spopolamento. Un’organizzazione gerarchica che segue i dettami di due profeti e di una profetessa, la quale preannuncerà la discesa di un’arca d’argento divina in grado di salvare gli eletti. È un gruppo di seguaci dedito a cerimonie che si collocano tra mito, realtà e isteria. Riti orgiastici, canti pregni di imprecazioni, coinvolgimento di minori e abuso di alcol sono alcuni degli episodi che vengono riportati sui giornali dell’epoca e descritti con toni più o meno esasperati. La verità è che forse Korpelarörelsen voleva essere un urlo alla libertà – come reazione al conservatorismo del Laestadianesimo –, uno schiaffo al puritanesimo che ha lasciato una traccia di indelebile vergogna su coloro che ne hanno preso parte.

A partire da tali premesse, Korpela Land vuole riavvicinarsi a un argomento che, ancora oggi, costituisce un silenzioso tabù per molti abitanti del Norrbotten. Come spiega Markus, “cercheremo di presentare Korpela non solo nei suoi aspetti più sensazionalistici, ma anche in quelli storico-religiosi”. Ad esempio, è importante considerare che per la prima volta una donna si avvicinava alla sfera sessuale senza scopi riproduttivi.
La contemporaneità viene filtrata attraverso la lente dell’arte contemporanea, grazie al coinvolgimento di un nutrito gruppo di artisti che approccerà il movimento, raccontandolo in modi diversi. “Vogliamo costruire un grande parco tematico dedicato a Korpela, sulla falsariga del ‘mondo di Astrid Lindgren’” – chiaramente, con tutt’altra intonazione e differenti propositi. Ci saranno un museo temporaneo con pop-up shop e gadget a tema, una band metal in tourné per il Norrbotten, e verrà messo in piedi un gruppo studio dal taglio più storico ed esclusivo.
L’idea, insomma, è quella di mettere in piedi una casa temporanea per ospitare una versione moderna di Korpelarörelsen, inserendolo in una sorta festival performativo e apparentemente senza regole che ha il sapore di Dadaismo e Nouveau Réalisme. Un luogo tra realtà e finzione che sa di arte, storia, verità e leggenda.
Con Istitutet, la cultura si mette al servizio della società e dell’interesse pubblico per rianimarne la vita comunitaria, anche in tempi difficili come quelli che stiamo vivendo.

Silvia Colombo • 2020-12-08
Silvia Colombo är konsthistoriker, museolog och skribent bosatt i Luleå. Har ett särskilt intresse för tvärvetenskapliga forskning om konst, politik, musei- samt minnesstudier.